La sacralità dell’Amla
Il nome in sanscrito di questa pianta, oltre ad Amalaka o Amalaki, è Dhattrika o Dhatri che significa “terra” o “madre”, in particolare la madre che allatta. Quindi si potrebbe tradurre con “terra che nutre” o “madre che nutre”.
Probabilmente questo nome fa riferimento alle proprietà del frutto dell’Amla che è per l’appunto molto nutriente.
Secondo la tradizione, Viṣṇu risiede nella pianta di Amla (per alcuni si tratta di Kṛṣṇa, avatar di Viṣṇu, o di Lakṣmī la moglie di Viṣṇu).
Per questo motivo l’Amla viene considerata sacra. Addirittura c’è un giorno completamente dedicato all’adorazione di questa pianta (e dunque di Viṣṇu): si tratta della cosiddetta Amalaki Ekadashi, che si svolge nel mese di Phalgun (Phālguna) che va da metà febbraio a metà marzo. Questo giorno dedicato all’Amla segna l’inizio del Festival di Holi.
L’adorazione delle piante non deve stupirci. Infatti, secondo la tradizione induista, ogni essere vivente è manifestazione del divino.
L’origine divina dell’Amla
Molti miti della tradizione indiana sono legati a questa pianta. Uno in particolare, presente nei Bṛhaddharma Purāṇa, svela l’origine divina dell’Amla e la sua sacralità.
In questo mito si racconta un episodio della vita di Pārvatī e Lakṣmī, rispettivamente le mogli di Śiva e Viṣṇu.
Secondo la leggenda, Pārvatī e Lakṣmī si recarono a Prabhāsa (o Prabhāsatīrtha), un luogo sacro, per adorare Śiva e Viṣṇu.
Pārvatī espresse a Lakṣmī il desiderio di adorare Viṣṇu con una radice o un oggetto nuovi. Anche Lakṣmī disse che avrebbe voluto adorare Śiva nello stesso modo. Le due dee sopraffatte dalla devozione iniziarono a piangere, tanto che le loro lacrime caddero sul terreno. Da quelle lacrime nacque un albero di Dhatri o Amalaki. Così le dee iniziarono ad adorare Śiva e Viṣṇu con la pianta sacra nata dalle loro lacrime.
Da quel momento le foglie di Amla sono legate all’adorazione di Śiva e Viṣṇu.

Un’altra versione
Secondo gli Skanda Purāṇa, invece, il dio Viṣṇu rimase incantato dalla straordinaria bellezza di Vṛndā, la moglie di un asura, Jālandhara. Vṛndā si era uccisa dopo che Viṣṇu si era congiunto con lei con l’inganno, avendo assunto le sembianze di Jālandhara per spezzare la protezione di invincibilità cui godeva l’uomo. Questi infatti era invincibile grazie alla fedeltà e alla devozione della moglie e non sarebbe stato ucciso finché Vṛndā gli fosse stata fedele.
Viṣṇu dopo la morte di Vṛndā era molto infelice. Gli dèi per alleviare il suo dolore, si rivolsero a Lakṣmī, moglie di Viṣṇu, Gaurī (Pārvatī) moglie di Śiva e Svadhā.
Le dee diedero ognuna un seme agli dèi, affinché lo seminassero nel luogo in cui si trovava Viṣṇu. Da quei semi crebbero immediatamente tre piante: Dhātrī (Amla), Malti o Jāti (Gelsomino) e Tulasī (Tulsi, il Basilico Santo).
Subito queste piante si trasformarono in tre donne bellissime che distolsero Viṣṇu dal pensiero di Vṛndā, tanto che egli si dimenticò di lei. Sciolto l’incanto, le tre donne ripresero la forma di pianta.
Ci sono poi molte altre versioni della storia ma in tutte è evidenziata l’origine divina di queste piante.

Una pianta divina
Al di là della versione del mito, secondo i libri sacri induisti l’Amla è sacra, ha origine divine ed è una manifestazione della divinità racchiusa in ogni essere vivente.
D’altra parte una pianta così preziosa e benefica non può che essere un dono del cielo all’Umanità.
Che ne pensi?
Conoscevi questi miti?
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Se vuoi scoprire le proprietà cosmetiche dell’Amla, leggi l’apposita voce nel nostro Glossario.