Il Basilico Santo è una delle piante più importanti in India e per l’Āyurveda.
È conosciuta con i nomi sanscriti di Tulasī o Vṛndā, o più comunemente con il nome hindi Tulsi.
È una pianta talmente preziosa che viene identificata con una dea, Tulasī, e anche con Lakṣmi.
Moltissimi sono i miti legati alla pianta di Tulasī. Sono miti anche molto diversi, che all’apparenza possono sembrare contraddittori, ma tutti concordano nell’attribuire alla pianta un’origine divina.
Essa è indubbiamente legata alla figura del dio Viṣṇu.
In questo secondo articolo dei tre dedicati alla pianta di Tulsi, raccontiamo alcuni dei tanti miti che hanno per protagonista Tulasī.
L’inganno da cui nacque Tulsi
Una delle versioni più conosciuta del mito, racconta che Vṛndā (uno dei sinonimi di Tulasī) era la fedele moglie del demone Jālandhara.
Questi era nato dall’oceano, dal sudore del dio Śiva caduto in mare, tanto che Lakṣmi, nata anch’essa dall’oceano, considerava il demone un fratello. Jālandhara aveva ottenuto da Viṣṇu di essere invincibile, finché la moglie gli era fedele. Avendo approfittato di questo suo potere per commettere atrocità, Viṣnu decise di riportare l’ordine, ingannando Vṛndā e presentandosi a lei in forma del marito. Dopo essere stata sedotta, Vṛndā comprese l’inganno. Si arrabbiò molto e fu molto delusa perché era una grande devota di Viṣṇu.
Secondo una versione del mito, Viṣṇu spiegò a Vṛndā che per mettere fine al Male anche un dio era costretto a ricorrere all’inganno. Assicurò a Vṛndā che sarebbe stata venerata per sempre per la sua fedeltà. Vṛndā si immolò sulla pira funebre del marito e dalle sue ceneri nacque una pianta di Basilico Santo che, come promesso da Viṣṇu, è adorata ancora oggi.
Secondo un’altra versione, Vṛndā scoperto l’inganno si arrabbiò a tal punto che lanciò una maledizione a Viṣṇu che si trasformò in una pietra, la Śhālagrāma śilā (fossili di conchiglie ancora oggi venerate come simbolo non antropomorfo di Viṣṇu). A sua volta Viṣṇu maledì Vṛndā e questa si trasformò in una pianta di Tulsi.
Secondo lo Śiva-purāṇa, Viṣṇu prese le forme di Jālandhara e ingannò Vṛndā su suggerimento di Pārvatī perché essa stessa stava per essere ingannata da Jālandhara che per portarla via dal suo consorte aveva preso le sembianze di Śiva.
Tulasī, incarnazione di Lakṣmi
Secondo il Devī Bhāgavata-purāṇa, Tulasī era un’incarnazione di Lakṣmi.
La dea si era incarnata in Tulasī, la figlia di Dharmadhvaja. Questi era un re che aveva iniziato ad adorare Lakṣmi per farsi perdonare il peccato del nonno, maledetto dal dio del sole Surya per aver obbligato i sudditi a venerare solo Śiva.
Tulasī avrebbe voluto sposare Viṣṇu e per questo fece penitenza per migliaia di anni. Brahmā ne fu impressionato ma le disse che prima di potere sposare Viṣṇu, avrebbe dovuto sposare il daitya (demone/gigante) Śankacuda.
Questo demone era molto devoto ma commetteva spesso atrocità. Per salvare il mondo, Śiva gli fece guerra. Durante la battaglia tra Śiva e Śankacuda, il dio Viṣṇu si presentò da Tulasī e la ingannò fingendosi il marito. Tulasī scoprì subito l’inganno di Viṣṇu e si arrabbiò: maledisse Viṣṇu che si trasformò in pietra (la Śhālagrāma śilā). Viṣṇu esortò Tulasī ad abbandonare il suo corpo terreno e ritornare nella sua dimora celeste come Lakṣmi, ricordandole quindi chi era veramente. Poi vedendo Tulasī addolorata trasformò il suo corpo nel fiume Gaṇḍakī e dai capelli della dea nacque la pianta di Tulsi, il Basilico Santo.
Tulasī e le piante capaci di incantare
Un’altra versione del mito è a nostro parere molto affascinante.
Nello Skanda-purāṇa, si racconta che il dio Viṣṇu si era follemente innamorato di Vṛndā, la fedele moglie del demone Jālandhara.
Viṣṇu non si rassegnava al fatto che Vṛndā si era immolata su una pira dopo essere stata ingannata dal dio.
Gli dei, vedendo Viṣṇu ossessionato da questo innamoramento e senza pace mentale, chiesero alle dee Lakṣmi, Gaurī e Swadhā di intervenire per fare tornare in sé il dio conservatore del mondo.
Le tree dee donarono ognuna un seme, affinché gli dei li piantassero nel luogo in cui Viṣṇu fu incantato da Vrinda.
Da questi semi divini nacquero le piante di Dhātrī (Amla), Tulasī (Tulsi) e Jāti (Gelsomino) che si trasformarono in tre bellissime donne.
Le donne incantarono Viṣṇu con la loro bellezza e gli fecero dimenticare Vṛndā.
Dopo aver fatto tornare in sé il dio, le tre donne si trasformarono nuovamente nelle piante di Amla, Tulsi e Gelsomino.
Altre origini di Tulsi
Secondo il Padma-purāṇa, Tulasī è nata in seguito al rimescolamento dell’Oceano di latte, quando Viṣṇu versò lacrime felici per aver conquistato il nettare dell’immortalità Amṛta (Amrita).
La prima lacrima del dio cadde nella coppa di Amṛta e da essa si generò Tulasī.
Secondo il Brahma-purāṇa, invece, la pianta di Tulsi ebbe origine dai capelli della dea Tulasī.
Una pianta divina
Tulasī è la protagonista di molte storie, spesso anche molto diverse, ma tutte concordano su un fatto: essa ha origine divina. Il nome stesso, Tulasī, che in sanscrito significa “incomarabile”, lo dimostra.
Essendo una pianta preziosa, tuttora nota per le sue proprietà officinali, non stupisce che Tulsi sia riuscita ad incantare un dio, insieme ad Amla e Gelsomino, altre due piante di origine divina.
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