I mantra (in sanscrito मन्त्र, lett: “strumento per pensare”) sono formule da ripetere che si possono utilizzare per l’adorazione del divino.
In India ci sono delle piante talmente sacre da essere considerate manifestazioni e incarnazioni delle divinità.
Una di queste piante è il Basilico Santo, in sanscrito Tulasī o Vṛndā, comunemente noto con il nome hindi di Tulsi.
Tulasī in sanscrito significa “impareggiabile” perché si crede che purifichi e allontani ogni male.
Con questo articolo, l’ultimo dei tre dedicati alla pianta di Tulsi, vediamo di scoprire il legame tra questa pianta preziosa e i mantra.
Mantra dedicati a Tulasī
Essendo Tulasī considerata una dea, dopo averne colto le foglie o i fiori, si recitano dei mantra per chiederle perdono per il dolore arrecato.
ksama-prarthana-mantra
(mantra per chiedere perdono a Tulasī dopo averne colto le preziose foglie e fiori)
cayanodbhava-duḥkhaṁ ca
yad hṛdi tava vartate
tat kṣamasva jagan-mātaḥ
vṛndā-devī namo ’stu te
“O dea Tulasī, ti offro la mia rispettosa obbedienza.
Perdonami per averti causato dolore cogliendo le tue foglie e i tuoi fiori, o Madre dell’Universo.”

Esistono anche mantra specifici per annaffiare Tulasī, per reciderne le foglie e i fiori con lo scopo di adorare Kṛṣṇa (avatar di Viṣṇu, dio legato a Tulasī) e persino per girare intorno alla pianta.
tulasi-cayana-mantra
(mantra per cogliere Tulasi per l’adorazione di Lord Krishna)
tulasy amṛta-janmāsi
sadā tvaṁ keśava-priyā
keśavārthaṁ cinomi tvāṁ
vara-dā bhava śobhane
“O Tulasī, tu sei nata dal nettare (Amṛta – Amrita). Sei sempre molto cara al Signore Keśava (Kṛṣṇa). Ora per adorare il Signore Keśava, io colgo le tue foglie e i tuoi fiori. Per favore, concedimi la tua benevolenza.”
La devozione alle piante
In India la devozione alle piante è molto comune. il mondo vegetale è considerato manifestazione del divino.
Non solo, spesso le piante alle quali le persone rivolgono devozione e amorevoli cure, sono trattate quasi come membri della famiglia.
L’esempio lo danno gli stessi dèi.
Infatti, si narra che la dea Pārvatī si prendeva cura di un alberello (probabilmente un Cedrus deodara) che chiamò Devādaru e lo trattava come fosse il suo terzo figlio, dopo Skanda e Ganeṣa. Tanto che annaffiava Devādaru con brocche di acqua ma anche con il proprio latte materno. Quando le veniva chiesto perché trattasse un albero come un figlio, Pārvatī rispondeva che ogni albero equivale a dieci bambini dal punto di vista della forza e dell’amore.
Negli Inni Vedici e in altri libri sacri dell’induismo, le piante officinali (uṣadhi) sono considerate esseri senzienti.
Anche nel poema epico Rāmāyana, il mondo vegetale viene descritto nello stesso modo. Quando Sītā venne abbandonata nella foresta da Lakṣmaṇa per ordine di Rāma (a causa di un pettegolezzo sulla castità della donna), il dolore di Sītā venne percepito dalle piante della foresta che espressero sostegno facendo cadere fiori come fossero lacrime.
I preziosi doni del mondo vegetale
Le antiche popolazioni riconoscevano l’importanza del mondo vegetale per l’equilibrio del nostro pianeta, tanto da prevedere pene severe per chi distruggeva piante e le abbatteva senza motivo.
Considerando inoltre che un tempo la fitoterapia era l’unica medicina disponibile, probabilmente l’adorazione di alcune piante è una conseguenza dell’osservazione delle loro innumerevoli proprietà.
Per questi motivi, molte piante sono al centro di miti, ad alcune di esse si attribuisce un’origine divina, diverse sono sacre e adorate come divinità.
I mantra permettono a chi si accosta a queste preziose piante di riconoscerne la sacralità e mostrare la propria devozione.